La storia della cardiochirurgia II
L’inizio della cardiochirurgia moderna è generalmente fatta risalire alla realizzazione della cardiochirurgia a cuore aperto.
Questa fase iniziò a Filadelfia il 16 maggio 1953 quando John Gibbon, dopo 25 anni di studi ed esperimenti in laboratorio, eseguì con successo il primo intervento a cuore aperto in circolazione extra-corporea riparando una cardiopatia congenita in una ragazza di 18 anni.
Dal momento in cui, nella seconda metà degli anni ’50, la circolazione extra-corporea divenne progressivamente più semplice, affidabile, maggiormente riproducibile e meno gravata da rischi, la cardiochirurgia ebbe un impetuoso sviluppo al punto che, entro la fine degli anni ’60, quindi nell’arco di un solo decennio, fu realizzata la maggior parte delle procedure cardiochirurgiche ancora oggi adottate.
I primi interventi nei quali fu utilizzata la circolazione extra-corporea furono gli interventi di correzione delle malformazioni cardiache congenite: ciò, in primo luogo, grazie alle conoscenze della anatomia e della fisiopatologia che si erano andate maturando negli anni precedenti e, in secondo luogo, grazie ai progressi che si andavano realizzando nella diagnostica cardiologica, in particolare con lo sviluppo del cateterismo cardiaco e della cardioangiografia.
In seguito, grazie alla possibilità di operare all’interno delle cavità cardiache sotto visione diretta offerta dalla circolazione extra-corporea, si realizzarono tecniche di riparazione di molti tipi di malattie delle valvole cardiache.
L’esperienza dimostrò, tuttavia, che la correzione di molte forme di patologia valvolare sarebbe stata possibile soltanto sostituendo la valvola naturale con una valvola artificiale. Dopo molti infruttuosi tentativi di realizzare una valvola cardiaca artificiale da parte di numerosi ricercatori, Albert Starr, un giovane chirurgo di Portland nello stato dell’Oregon, con la collaborazione di un ingegnere in pensione di nome Lowell Edwards, compirono un fondamentale passo avanti realizzando una efficiente protesi valvolare che il 21 settembre 1960 fu per la prima volta impiantata con successo in un paziente.
Da allora, sono stati prodotti numerosi modelli di protesi valvolari cardiache che sono state progressivamente perfezionate e che sono state impiantate in molti milioni di pazienti.
Dopo che il cardiologo Mason Sones, per primo eseguì la coronarografia selettiva, una procedura radiologica che permette di evidenziare in dettaglio la sede e la gravità delle lesioni delle arterie coronarie, fu compiuto un ulteriore sviluppo della pratica cardiochirurgica quando, nel maggio del 1967 a Cleveland, nello stato dell’Ohio, il chirurgo argentino René Favaloro eseguì il primo by-pass aorto-coronarico per rivascolarizzare il miocardio ischemico. Negli anni seguenti il bypass aorto-coronarico ebbe una grande diffusione in tutto il mondo.
Alcuni mesi più tardi, nelle prime ore del mattino del 3 dicembre 1967, all’ospedale Groote Schuure a Cape Town, in Sud Africa, vi fu un avvenimento che, oltre a cambiare la storia della
chirurgia, ebbe un enorme effetto emotivo sull’opinione pubblica, quando uno sconosciuto chirurgo di nome Christiaan Barnard eseguì il primo trapianto cardiaco su un essere umano.
Nei mesi successivi, sull’onda dell’entusiasmo suscitato da quell’intervento, altre équipe si affrettarono a istituire dei programmi di trapianto cardiaco nei loro ospedali.
Non passò molto tempo perché ci si accorgesse che l’entusiasmo era prematuro: tutti i pazienti trapiantati decedevano a distanza di pochi mesi a causa del rigetto e gli ospedali dovettero chiudere i programmi di trapianto che avevano attivato.
Fu grazie al paziente lavoro di Norman Shumway della Stanford University in California che negli anni successivi, fu elaborata una efficace terapia che ha consentito di controllare il rigetto e permettere di ottenere gli eccellenti risultati odierni del trapianto cardiaco.
Soltanto due anni dopo il primo trapianto effettuato da Cristiaan Barnard, il 4 aprile 1969 a Houston, nel Texas, Denton Cooley impiantò un cuore artificiale totale in un paziente allo scopo di mantenerlo in vita fino al reperimento di un cuore naturale che potesse essere utilizzato per il trapianto. Il cuore artificiale mantenne in vita il paziente per 64 ore, fino a quando fu effettuato il trapianto cardiaco. Le condizioni del paziente tuttavia si aggravarono fino al decesso avvenuto 32 ore dopo il trapianto.
A questa sperimentazione clinica che deve essre sicuramente annoverata tra le pietre miliari della medicina, seguirono una serie di controversie che interessarono gli aspetti etici, politici, medico-legali che indussero i due grandi maestri della chirurgia, Michael DeBakey e Denton Cooley, a entrare in un conflitto personale tanto grave da indurli a non rivolgersi più la parola per quasi quaranta anni. Fu soltanto nell’ottobre del 2007 che i due protagonisti, ormai vegliardi, si riconciliarono in una pubblica cerimonia.
Nel corso degli anni successivi, le procedure che furono inizialmente ideate sono state perfezionate e continuano ogni giorno a progredire, facendo si che i risultati della chirurgia siano sempre migliori, anche a fronte di una popolazione di pazienti sempre più anziani e affetti da forme patologiche sempre più gravi e complesse.
Recentemente si è assistito a una rinascita della chirurgia conservativa delle valvole cardiache che ha interessato prevalentemente la valvola mitrale ma, seppure più recentemente e in misura minore, anche la valvola aortica.
Come verrà illustrato in maggiore dettaglio nei paragrafi riguardanti la chirurgia conservativa della valvola mitrale, questa evoluzione è da attribuirsi a tre fattori principali: la variazione della prevalenza del tipo di alterazioni anatomo-patologiche delle malattie valvolari cardiache, per cui alla malattia reumatica sono andate gradualmente sostituendosi le alterazioni degenerative del tessuto valvolare; in secondo luogo i progressi nella ecocardiografia che hanno consentito una maggior precisione diagnostica; infine, l’adozione di nuove tecniche e materiali in sede di intervento chirurgico.
In tempi recenti, si è assistito a una graduale, ma sempre più rilevante, tendenza a sostituire le tecniche chirurgiche tradizionali con procedure meno invasive e meno traumatiche, definite nel loro insieme come tecniche mininvasive. Queste tecniche, pur mantenendo l’uso della circolazione extra-corporea, sono indirizzate a evitare l’apertura dello sterno e limitare l’estensione delle incisioni cutanee, attraverso le quali sono inseriti appositi strumenti chirurgici, nell’intento di diminuire il trauma dell’intervento e di ridurre le dimensioni di antiestetiche cicatrici post-operatorie.
I passi successivi, in maggioranza ancora in fase sperimentale, sono rappresentati dallo sviluppo di tecniche che consentono di eseguire gli interventi attraverso incisioni cutanee ancor più limitate nella loro estensione, mentre il campo operatorio viene visualizzato mediante un sistema ottico, oppure in videoscopia su un monitor, senza ricorrere a tecniche chirurgiche tradizionali.
La massima evoluzione di questi concetti è rappresentata dalla chirurgia robotica, ancora in fase di sperimentazione, nella quale il chirurgo non manipola direttamente gli strumenti, ma comanda indirettamente il movimento degli strumenti con un computer e ne controlla il funzionamento a distanza.
Sempre allo scopo di diminuire il trauma dell’intervento sono state realizzate tecniche indirizzate a evitare l’uso della circolazione extra-corporea.
Le due più importanti applicazioni di questo tipo di procedura sono il by-pass aorto-coronarico “a cuore battente” e l’impianto della valvola aortica“transcatetere” eseguito per via percutanea o attraverso l’apice del ventricolo sinistro.
Nei paragrafi precedenti sono state sommariamente indicate le principali innovazioni che hanno consentito l’inizio della cardiochirurgia e le fasi essenziali che ne hanno caratterizzato lo sviluppo.
E’ da rilevare che, mentre per le esperienze più antiche il merito dell’introduzione di nuove tecniche può essere attribuito alla intelligenza, determinazione e coraggio dei singoli pionieri, in seguito i progressi sono stati conseguiti per effetto di una collaborazione interdisciplinare sviluppatasi in campi scientifici e tecnici assai diversi, che si estendono dalle scienze di base alla medicina clinica e alla ingegneria, dalla immunologia alla meccanica, dalla scienza dei materiali ai nuovi sensori e trasduttori, dalla anatomia patologica alla elettronica, ai sistemi energetici.